L'idiot@

“All’improvviso, in mezzo alla tristezza, alla tenebra e all’oppressione spirituale, appariva un lampo di luce nella sua mente. La sua mente e il suo cuore s’inondavano di luce straordinaria. Ma quei lampi erano soltanto il preludio del momento in cui cominciava l’attacco.” L’ idiota, Dostoevskij

Effetto Farfalla agosto 2, 2013

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 1:02 PM
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Ho sempre creduto che la mia esistenza fosse correlata da eventi mai straordinari. L’ordinarietà poteva essere considerata la costante della mia vita, abituata com’ero alla metodicità dello scorrere del tempo.

Sveglia, colazione, lavoro, casa.

Autunno, inverno, primavera, estate.

Estate, e io dovevo essere al mare. Non avrei mai pensato di poter trascorrere le vacanze altrove. La cosa che più mi sorprendeva era constatare come questa ciclicità esistenziale appartenesse non solo a me, e così di anno in anno, in quella località turistica della Puglia, ritrovavo le stesse persone. Ogni mattina, in spiaggia, erano i soliti argomenti a prendere il sopravvento; ogni mattina, in riva al mare, erano gli identici gesti a muoversi.

Mai nulla di diverso.

Il vicino di ombrellone che discuteva con la moglie. I bambini che correvano sul bagnasciuga, facendo arrabbiare la signora con la cuffietta azzurra che, sbuffando, decideva finalmente di entrare in acqua. Io me ne stavo seduta sul mio telo a guardare il mare, desiderando che, dall’altra parte dell’orizzonte, una piccola farfalla cominciasse a sbattere velocemente le sue ali delicate, provocando un uragano da quest’altra parte del mondo. In realtà, questi pensieri catastrofici erano causati dalle orme che avevo lasciato sulla sabbia e che il mare cancellava, aiutandomi, in questo modo, a non farmi sentire come un peso la solitudine che straziava il mio cuore.

Mi alzai ed entrai in acqua.

Erano le dieci in punto, e io alle dieci in punto facevo il bagno. Mentre nuotavo notai, tra l’azzurro e il verde, una nota di colore insolito e incuriosita mi avvicinai. Sul pelo dell’acqua, smarrita e impaurita, vidi una piccolissima farfalla. Non esitai ad allungare la mia mano permettendole di trasferirsi sul mio indice. La guardavo meravigliata, mentre la piccola farfalla muoveva le sue minuscole ali. Pensai che l’acqua del mare gliele avesse bagnate impedendole così di riprendere il volo. Rimasi per circa una decina di minuti con la mano alta verso il cielo; ogni tanto soffiavo anch’io sulle sue ali assieme alla brezza marina. Ben presto mi ritrovai circondata dai bambini, attratti e incuriositi da questa mia insolita posizione. Sorrisi loro, pensando che avrei trovato quella “solidarietà” di chi, negli occhi, ha ancora i colori della speranza e benché non amassi essere al centro dell’attenzione, cercai di giustificare il mio comportamento spiegando loro l’accaduto. Avevo del tutto dimenticato che, a volte, i bambini sanno essere crudeli.

– Secondo me sta morendo-, disse uno tra quelli. E ricominciò a sbattere forte i suoi piedi facendo alzare una montagna di schizzi.

Mi fermai nuovamente a guardarla, ebbi la sensazione di essere completamente sola con la farfalla: io e lei. Cominciai a piangere e proprio in quel momento la farfalla iniziò a muovere le ali con più forza. Una voce alle mie spalle mi distolse dalle lacrime.

-Non sta morendo, tranquilla. Hai fatto bene a tenerla fuori dall’acqua!-
Sorrisi al ragazzo che, prima di allora, non avevo mai visto su quella spiaggia.

Mi rassicurò la certezza che aveva: la mia piccola amica avrebbe ripreso a volare.

-Dobbiamo solo pazientare ancora un po’-, disse.

Così cominciammo a parlare tra noi; era la prima volta che veniva in quel posto, perché aveva un appuntamento con una ragazza conosciuta in chat: Butterfly.

– Che strana coincidenza! – pensai.
– Non è una coincidenza! E’ l’uragano delle mie ali, un regalo per te che mi hai salvata!- e in quel momento la piccola farfalla spiccò il volo.

 

Tra intrecci e parole luglio 11, 2013

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 8:33 am
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L’avevo detto che avrei ripreso a scrivere, forse è ancora presto per tornare a quella scrittura di un tempo, ai miei racconti senza pretesa di essere considerati grande letteratura; a quelle parole che raccontavano di personaggi pseudo fantastici, dovrete accontentarvi di leggere parole che raccontano altro, la mia vita di adesso che ruota attorno alle mie mani che si muovono sempre meno sulla tastiera, ma che sono diventate sempre più abili con strumenti di altro genere (uncinetto, ad esempio).

Quando le parole restano bloccate dentro, prigioniere delle mie emozioni ecco che arriva in soccorso lui, il mio nuovo amico. Tra le dita  intreccia abilmente fili colorati ed è paradossale scoprire come in quell’intreccio io mi senta libera, anziché priogioniera. Tempo fa ho pensato che mi sia entrato così tanto nel cuore, perché si adatta molto bene ai miei silenzi autistici. Adesso, però, non ricordo più tutta la sequenza di pensieri intorcigliati che mi hanno condotto a quel pensiero filosofico ed esistenziale.

E’ magico, come magico continua ad essere questo suono che per me resta sempre musica: il tic tac dei tasti che battono le singole lettere e che compongono le parole.

Parole e pensieri che colorano una pagina bianca, intrecci di fili colorati che dipingono ciò che mi circonda, la vita; quella vita che spesso vorrebbe adagiarsi su una tinta monocromatica, il grigio. Il nostro compito invece è proprio questo: colorarla nonostante tutto.

 

Buon Compleanno. luglio 5, 2013

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 1:04 PM
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Il mio ultimo post risale a novembre, il 12 novembre del 2012… beh direi che è passato davvero molto, moltissimo tempo… volevo scrivere già da un po’, insomma tornare a casa per provare a cercare quella serenità, quegli odori familiari che fanno bene al cuore ( e Dio solo sa quanto ne ho bisogno); mi sono persa la pass di accesso al blog e ho faticato moltissimo per poterla ripristinare, word press mi ha sempre messa a disagio, non è mai stato semplice come il vecchio e amato Splinder… ma questo ho e questo mi tengo! 🙂

Sono qui, con una pass nuova, con una consapevolezza nuova di me e della vita. Ho vissuto un bel periodo pieno pieno di dolore, segnato da una perdita enorme che ancora mi lacera il cuore. Volevo tornare a scrivere qui, nella mia casa, il 19 maggio… portarTi qui, ci sono riuscita oggi e so che va bene così. Adesso lascio spazio alle mie parole per Te, e chiudo gli occhi immaginando che oggi sia il 19 Maggio. Poi domani tornerò con altro, ma oggi questa casa deve profumare di Te!

 

Sarebbe il giorno ideale per cominciare a scrivere, parlare di te. Io, però, non so da dove cominciare. Mi piacerebbe farlo usando le parole più belle e colorate che conosco, quelle che ti fanno sorridere, che ti emozionano, che ti trascinano e ti fanno volare, perché tu sei stato e sei come loro. Hai visto?, ho usato un presente. Il passato vive nei ricordi che ho di te, ma con il tempo si è sempre in uno stato di magia assoluta ed è per questa ragione che da lontano arriva sferragliando come un treno super veloce al presente, all’oggi…

Oggi che è il tuo compleanno. Non te li ho mai fatti gli auguri quando ancora eri qui tra noi, non era una nostra abitudine quella. Tu non li facevi a me, io non li facevo a te. Mi bastava ricordarlo nel cuore: Oggi è il compleanno di Roberto. Mi andava bene così, adesso non lo so… non so se mi va ancora bene così, perché sono tante le cose che avrei voluto dirti… ma tu lo sai che noi siamo fatti strani, un po’ strano lo sei pure tu, ora; e lo eri anche prima, ma ci vogliamo bene. Questa è una certezza. Scopri che qualcuno ti manca da morire solo quando non c’è più, ma nemmeno questo è propriamente esatto; tu ci sei, sempre. Ci sarai sempre, per me e per noi tutti. In questi cinque mesi siamo stati spesso sulle giostre, ci hai portato tu. Proprio come quella volta che venni a stare da voi a Roma, d’estate. Una sera andammo al luna park ed entrando, da lontano, vidi una giostra enorme che girava forte forte e io, guardandoti, ti dissi: Tutte tranne quella! Sorrido, la prima giostra sulla quale salimmo fu proprio quella. Pazzo, adorabile pazzo! A volte sento di essere in collera con te, a me le giostre non piacciono e tu ci hai portato di forza, ma poi penso che anche in quello sei un grande maestro di vita. Quella vita che tu hai vissuto a pieno, fagocitandola.

Il tuo “semo viziosi” mi accompagna ogni giorno, assieme al tuo sorriso che si spalancava come un portone in piena estate sulla vita. Ancora mi domando, perché? E sembra non ci sia alcuna risposta se non quella di un paio d’ali di farfalla che si spiegano e prendono il volo verso un cielo senza orizzonti. E così mi consolo pensandoti libero e felice, ogni tanto tornerai a salutarci e a farci un po’ di compagnia, proprio come quando d’estate venivi al mare e la tua presenza ci riempiva i cuori di gioia. Ti voglio bene, capoccione.
Buon compleanno!

Roberto, mio cugino, mio amico, mio fratello.

 

Spazio pubblicità novembre 12, 2012

Sono un po’ assente dai blog, ve ne sarete accorti, ma perché sono tutta concentrata in un progetto che mi ha preso tantissimo. Tener ferme le mani per me è impossibile; non sempre riescono a picchiettare come vorrei sui tasti, così nei momenti di vuoto dalle parole, ecco che loro, le mie mani, si muovono verso altre attività. In questi mesi ho imparato un bel po’ di cose: uncinettare, ad esempio. L’uncinetto si sposa benissimo con il mio autismo e tra i punti, alti e bassi, io volo nel mio mondo. Mia sorella, poi, mi insegna l’arte del modellare. E così da pezzi informi di ceramica fredda o fimo nascono piccolissime creature che poi assembliamo in monili. Tutto questo sta trovando spazi particolari fatti di sorrisi e occhi belli, di mani che si stringono, di volti e persone nuove tutte da conoscere. Spazi che hanno nome di mercatini artigianali. E ne abbiamo fatti diversi, e in programma ne abbiamo altri.

Adesso mi fermo e provo a mettere il link della pagina facebook, così che anche voi possiate “giocare” con me e le mie piccole creazioni. un abbraccio grande, grande a tutti. uno in particolare alla mia amica Monica M.

qui sotto il link della pagina.

Arte da P@rte 

 

Frammento di Mariposa, nella casa delle farfalle ottobre 10, 2012

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 8:17 PM
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Le tasche, tutte le tasche del mondo nascondono, custodiscono, proteggono. Abiti con le tasche, mani in tasca; deve esserci una tasca anche nella sua testa. È lì che è nata, nella morbida tasca minuta di quand’era piccola. Avvolta nel calore di una realtà fatta di fili sottili, setosi, pregiati; un bozzolo quadrato, rettangolare o circolare, ma questo non sa dirlo con precisione. Le persone importanti della sua vita abitavano nelle tasche dei loro vestiti. Suo nonno, ad esempio, in quelle dei pantaloni scuri di velluto che indossava la Domenica. Poi, però, dovette cambiare domicilio; accadde quando si ammalò. Stando a letto tutto il giorno viveva nella tasca di un pigiama e benché non potesse più camminare Mariposa riusciva a ritrovare le loro risate, i loro giochi nella larga sacca di cotone di quei pantaloni ampi e nuovi. Ama le stelline, quella pastina che solitamente si prepara nel brodo. Le piace perché ricorda sempre una sedia e, sopra questa, un piatto colmo di quella minestra. Era il nonno ad imboccarla.

Soffia, altrimenti ti scotti, le diceva. Una volta il soffio fu davvero forte e dal cucchiaio saltarono per aria tutte le stelline.

Il cielo in una stanza, disse il nonno sorridendo e poi cominciò a cantare. La sua voce, poco intonata, era bella; e le parole nere di quella canzone danzavano sul bianco del soffitto assieme alle stelline. Le sembrava magia: svanivano le pareti, apparivano gli alberi e le… farfalle.

 

ALLA BANCA ottobre 7, 2012

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 6:55 am
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Prestare attenzione a ciò che mi circonda… prestare.

Come quando ti rivolgi a una banca, perché non si hanno molte risorse economiche e, infilando la mani in tasca, ti accorgi che hai dimenticato di rammendarne i buchi; così quel poco che possiedi è andato perso. Caduto per terra in chissà quale punto del cammino. Mi serve un prestito. Saprò poi rendere tutto con il dovuto interesse.

Questa mattina mi sono recata alla banca, il tizio allo sportello mi ha visto entrare e mi ha sorriso.

 Buongiorno, ho bisogno di un prestito, gli ho detto.

Lui, gentile, si è alzato ed è andato dal direttore che poi mi ha accolto nel suo ufficio.

La stanza è ben curata e molto luminosa. Ci sono quelle piante che mi piacciono tanto, anche se poi non conosco i loro nomi. Per me sono piante e basta. La tenda alla finestra è di un colore caldo: arancio, il mio preferito. Ma anche in questo caso per me resta semplicemente un bel tessuto dalla tinta accattivante. Non conosco nemmeno il nome di quella stoffa. L’uomo mi guarda, come a volermi studiare.

 Un po’ superficiale la mia conoscenza del mondo, vero? È per questo che sono qui. Ho bisogno di un prestito. Prestito di Attenzione, chiedo al direttore.

 

MARIPOSA (Nella casa delle farfalle) settembre 30, 2012

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 9:56 PM
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Volare di notte fu molto diverso, perché diverse sono le farfalle notturne. Si liberano nell’aria quando tutto è oscuro. Il peso e lo sforzo che compiono è proporzionato all’inquietudine del loro volo che si compie quando il sole dorme, fregandosene di tutto ciò che potrebbe accadere. A vegliare resta la luna che di notte smette di essere ridicola*. Chi vola di giorno non potrà mai capirlo, continuerà a pensare a essa come a una palla di luce insignificante; continuerà a permettere che lui, il Sole, li accechi.

Non si fa guardare, il sole. Non permette a nessuno di farlo. Ha timore, è un falso coraggioso che sa solo imporsi, anche a chi non lo ama.

Chi vola di giorno non potrà mai vedere il tracotante pancione della Luna capace di accogliere tutti, anche i figli non voluti. E le falene lo sanno e cercano quella pancia, sempre. A volte sbagliano, seguono finte scie luminose; sono le farfalle giovani che non sanno ancor bene riconoscere le tracce autentiche. Accade, allora, che le vedi compiere voli acrobatici all’interno di piccole stanze, svolazzano attorno a lampadari e lampadine inseguendo bagliori artificiali e sfiorano con le loro ali solo sfere di vetro.

Mariposa si alzò dal letto per andare in bagno, accese la luce e la falena cominciò a volare in direzione della luce. Sembrava impazzita, si avvicinava alla lampadina per poi allontanarsene immediatamente.

Il calore le brucia le ali, pensò. Prese lo sgabello, quello che in bagno usava per arrivare al lavandino, lo trascinò fin sotto la finestra per aprirla e permettere alla farfalla di volar via.

La falena impiegò qualche minuto prima di trovare la strada per la Luna, poi prese la giusta direzione e venne fuori. Rimase a guardarla, illuminata dalla luce intensa della luna, mentre le volava incontro e continuò a osservarla fino a quando non giunse a toccarle la pancia. La vide sorridere felice e Mariposa diventò triste, perché provò una profonda nostalgia di casa.

In quel bagliore di volo notturno ricompose tutte le parole che erano rimaste a metà, chiuse nell’abitacolo dell’automobile di suo padre. Fu come giocare con le perline, infilarle una per volta nel cordoncino per farne un braccialetto o una collana.

LITIGIO, COLPA MIA, FIGLIO, CASA, MAMMA, PAPA’, FRATELLO, SANGUE, NATURALE.

Le prese tra le dita con delicatezza, guardandole bene per non scordarle. Solo le ultime due le sembrarono differenti dalle altre. Avevano una consistenza diversa, come se fossero sfere morbide, gommose; lanciandole avrebbero certamente rimbalzato. Tanti minuscoli saltelli che si sarebbero susseguiti velocemente sulle mattonelle colorate del pavimento, quello che veniva calpestato ogni giorno dalle fantasie che riempivano la casa delle farfalle, la sua testa.

 

* Sylvia Plath

 

CICLICA settembre 25, 2012

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 7:17 am
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Il giorno del tredicesimo compleanno ricevetti in dono un’ampolla di cristallo. Mia madre mi portò in bagno e lì ne bevvi il contenuto.

Adesso sei diventata ciclica , così mi disse.

Nei mesi successivi compresi cosa significassero quelle parole. Sentivo la ciclicità muoversi dentro.

Poi le cose, lentamente, sono cambiate. Il tempo, da allora, è trascorso lineare. Una croce sul calendario annotata mensilmente me lo ricorda, assieme agli sguardi e alle frecciate di quelli che camminano sicuri sulla linea retta. Per esser come loro devo nascondermi: continuo a bere dall’ampolla, nel segreto della stanza da bagno, quel contenuto color rubino che fa di me un essere speciale. E’ un rituale che condivido con altre mie simili, anch’esse rinchiuse nelle stanze bianche a bere.

I rettilinei non ne conoscono la potenza, ma ne hanno paura; così come hanno timore delle donne capaci di scrivere con l’inchiostro rosso. Esse sanno disegnare la vita.

Per questo vogliono drogarci con calmanti effervescenti.

Per questo ci hanno private di penne e fogli sostituendoli con assorbenti alati.

 

 

 

IL MUSCHIO SUI RICORDI giugno 4, 2012

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 8:35 am
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Oggi, quando ti ho visto, il cuore ha sussultato. Mi ero ormai rassegnato all’idea di restare solo per il resto dei miei anni. Il tempo che scorre, spesso, è un sequestratore: ci rapisce, ci porta via, lontano. Molte volte mi sono chiesto che fine avessi fatto. Mi domandavo come gli anni ti avessero cambiato. Sapevo di essere, per te, un luogo magico: da quassù riuscivi a vedere le cose del mondo da prospettive diverse. Un legame, il nostro, di amicizia profonda consolidatosi da continue visite.

 

I miei occhi hanno visto e condiviso i tuoi momenti di vita: era sempre una festa quando la tua mamma portava te e tua sorella fin qua sopra. Le grandi lenzuola danzavano al vento e il profumo fresco del bucato riempiva non solo la tua anima, ma anche la mia. Mi piaceva vedervi giocare tutti e tre assieme. Il sorriso, sui vostri volti, riempiva tutto, l’enorme spazio che vi circondava, e sorridevo anch’io. Poi tua madre si chinava sulle ginocchia per guardarvi negli occhi e vi abbracciava. A quel punto mi sentivo quasi di troppo, come se la mia presenza potesse, in qualche modo, essere una indiscrezione a quel momento tutto vostro. Poi però pensavo, sono davvero fortunato, il più fortunato del mondo. Essere testimone dell’amore è privilegio di pochi.

 

Ricordi quando mi presentasti al tuo cuginetto? Che gioia vedervi giocare insieme. Io mi sentivo orgoglioso e fiero, sapevo di piacervi con le mie mattonelle dal colore della terra, amavate la mia altezza e il panorama che sapevo offrirvi. Non puoi nemmeno immaginare quanto mi facevate ridere; le ruote delle vostre macchinine solleticavano la mia scorza dura, resistente. Un terrazzo forte e robusto, ma dal cuore tenero. Ecco cosa sono.

 

Con il tuo cuginetto ne avete di combinate di marachelle; i calci al pallone e le corse per scappare alla noia dei compiti. I gavettoni fatti a chi di sotto passava per caso…

 

Poi siete cresciuti e, diventati ragazzi, i pensieri e i discorsi cambiavano. Non più interessati a giocare con le macchinine, i vostri interessi erano soprattutto rivolti a ciò che accadeva nei vostri cuori.

 

E il giorno che corresti su da me, sedendoti sul muretto mentre le lacrime scendevano sul viso senza potersi fermare e sentivo il tuo dolore e la tua rabbia nei confronti della vita. Tuo cugino non sarebbe più venuto con te qui sopra. Tuo cugino non avrebbe più giocato e parlato e confidato i suoi segreti a te… a me.

 

La morte se l’era portato via.

 

Poi a poco a poco le tue visite sono diventate sempre più sporadiche, fino a quando non ti ho più visto.

 

La tua mamma, ormai, è anziana e non riesce a salire le scale per raggiungermi, e stendere i panni ai fili che sono tutti per terra, spezzati. La tecnologia vi è venuta incontro e il vento che soffia forte, qui vicino a me, non è più necessario per chi ha scelto di acquistare una asciugatrice.

 

Tu sei diventato un uomo compiuto e sei impegnato con il lavoro che ti prende tanto.

 

Ma oggi quando ti ho visto, il cuore ha avuto un sussulto e, poi, mi sono vergognato… di me stesso, per come sono ridotto.

 

Il tempo ha lasciato i suoi segni anche su di me. Le mattonelle non sono più del colore della terra, non sono più lisce. I colori di prima sono spariti e adesso predomina il verde del muschio. L’ho vista la meraviglia, l’ho visto lo stupore nei tuoi occhi, sul tuo volto. Non te l’aspettavi. Invecchiato, imbruttito anch’io.

 

All’inizio hai mosso pochi passi, poi hai cominciato a correre, come facevi da bambino. In quella corsa c’era la voglia di far tornare indietro il tempo, il desiderio di spazzare quel verde che è andato a cementarsi sui ricordi. Correvi, correvi veloce e poi sei scivolato. Mi sei caduto sopra. Ho sentito le tue mani premere su di me. Le unghie che graffiavano sul verde umido. Ho sentito ancora il tuo cuore e i tuoi pensieri, e ho avuto una sola certezza: torneremo, nuovamente, a condividere la vita da queste altezze e non permetteremo mai più al muschio di crescere sui ricordi.

 

Tutto è famiglia Maggio 19, 2012

Filed under: Uncategorized — fantasia972 @ 4:32 PM
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E’ bella la mia terra. La mia terra è la Puglia: rossa, verde e azzurra. Lunga e stretta, molto lunga; così lunga che vivere a Bari, ad esempio, fa una differenza non da poco se, invece, vivi a Foggia o a Lecce o a Brindisi. Mi piace e mi diverte la sonorità delle parole che cambiano da città a città. Quello che però è uguale per tutta la sua lunghezza è il bianco delle case, la luce accecante del sole d’estate e l’azzurro del cielo. E’ uguale anche il silenzio e non parlo del silenzio della campagna, o di quello che puoi trovare in riva al mare d’inverno, ma di quello che, spesso, abita nei cuori dei pugliesi.

E’ un silenzio che non mi è mai piaciuto, perché imposto. Fin da quando ero bambino: “Zitto, ché sei piccolo!”.

E impari che i piccoli non saranno mai come Davide che con un sasso e una fionda uccise Golia.  Ti insegnano così ad abbassare lo sguardo, ché la paura è più grande, più forte. E la paura ha un volto fatto di violenza, ignoranza, povertà, soprusi e abusi.

Tutti sanno, tutti tacciono. Tutti vedono, tutti fanno finta di non vedere e camminano guardando per terra, perché così è meglio per tutti.

E’ quel pensiero ossessivo e dominante della “sacralità” della famiglia.

Ho sempre avuto la sensazione che tutto fosse tessuto in una sola maglia. Che tutto si mescolasse in un assieme che rende bastarda questa parola bellissima. Un assieme prostituito, svenduto, violentato e imbruttito smette di essere assieme e si trasforma in groviglio. Disarmonico, sproporzionato, squilibrato che non ti fa capire più nulla; ed è questo che poi permette l’accettazione passiva di fatti, di modalità d’azione che altrimenti risulterebbero assurde e abominevoli.

Tutto è famiglia: la chiesa, la piazza, la villa abusiva al mare, il casolare abbandonato in campagna. Tutto è famiglia: il prete accomodante, il ragazzo bullo, il ladro di automobili con i suoi amici e sua moglie, il contrabbandiere di sigarette e il venditore ambulante abusivo; il vigile urbano amico del tuo amico che se fai un’infrazione chiude un occhio e il tuo compagno di scuola che si mette in politica e lo voti, anche se sai che è una testa di cazzo, ché può sempre aiutarti in una qualche maniera facendo qualcosa di buono non per la città o il paese, ma per un tuo parente… per la tua famiglia.

Tutto è famiglia.

E alle feste di paese sorridi, anziché indignarti, quando vedi che la statua del Santo patrono si ferma, per una benedizione speciale, di fronte alla casa del “signorotto” di turno ché la sua offerta è stata generosa; e diventi cliente dell’affiliato al clan xxx che ora ha deciso di aprire un negozio di generi alimentari, magari con il riciclaggio di denaro sporco; e quando vai al parrucchiere non ti fai fare ricevuta fiscale perché siamo tutti una famiglia.

Famiglia, il focolare domestico dove regna quieta la calma placida; dove se provi a romperla, quella calma, facendo sentire la tua voce ti dicono, nella migliore delle ipotesi che sei scemo. E se questo non ti ferma o non ti spaventa e cominci a dir di no, a guardare dritto negli occhi chi ti circonda, smettendo di camminare guardando per terra,  ti ritrovi minacciato da chi il giorno prima era tuo amico; da chi ti ha visto crescere, da chi consideravi parte della tua famiglia. E all’improvviso ti accorgi che non esiste nessuna famiglia, che sei solo con i tuoi pensieri e la voglia, autentica, di amare davvero la tua terra: la Puglia.